SORANO Il paese di SORANO (374 m. di altitudine) è situato nell’area collinare della Maremma grossetana, presso uno spettacolare crocevia di tre profonde gole vulcaniche, che discendono tortuose dal versante settentrionale del lago di Bolsena. Il paese dista ca. un’ora di macchina dal monte Amiata, da Orvieto, Tarquinia, l’Argentario, Tuscania e Viterbo. Con ca. mezz’ora di viaggio si raggiungono il lago di Bolsena, saturnia, Montemerano, Farnese e Acquapendente. I panorami intorno a Sorano sono dominati da corrose e svettanti rupi di tufo vulcanico, venate di giallo, ocra, grigio e rosso. I poggi rupetsri si ergono con le loro irreali sagome su precepizi e gole, alte sui cento metri, dove sul fondovalle scorrono le fredde acque dei torrenti che vanno a confluire nel principale fiume locale, il Fiora, l’etrusco Armine. Il borgo si affaccia audacemente sulle circostanti rupi di tufo, ricoperte da una fitta macchia mediterranea, con prevalenza di cerri, querce, lecci, frassani e castagni. Questo incontaminato habitat boschivo è il rifugio di numerose specie faunistiche, rare o in via di estinzione: poiane, istrici, tassi, crostacei di fiume, lontre, volatili stanziali e di passo. Nell’ombroso sottoboscho e sulle radure erbose properano rinomate piante pregiate (orchidee, felci, capelvenere) e specie fungine tra le più svariate (porcini, ovoli, cantarelli, tartufi). Sorano, nel cuore dell’antica Etruria, assieme a Sovana e Pitigliano, è compreso tra i maggiori e più antichi centri rupestri della media valle del Fiora, già dall’età del Bronzo (2000 a.C.) sede di insediamenti delle prime civiltà italiche. Come altri paesi della Maremma grossetana, Sorano fu occupato nel primo medioevo dai casati ongobardi di Lucca dai quali molto probabilmente discese il casato Aldobrandesco che dominò per almeno tre secoli. A qusti, nel XIII secolo, seguirono i conti Orsini di Roma. Agli albori del XVII secolo i Medici presero possesso di queste terre finchè a metà secolo successivo i Lorena fecero annettere Sorano al Granducato di Toscana. L’importanza militare e strategica di Sorano, che fu eccezionalmente munito di una grande fortezza e di tre fortizili di appoggio, derivava dalla necessità di difendere quello che per un lungo tempo, fu il turbulento confine tra Stato Longobardo e Stato della Chiesa. I POGGI Il paese è disposto su una scoscesa e larga rupe di tufo. Di fronte e intorno vi sono cinque poggi rupestri che formano un inespugnabile e strategico baluardo, a controllo del passo che conduceva oltre i confini settentrionali della valle del Fiora. Il primo, verso ponente, è poggio Rotondo: una modesta altura rocciosa di forma rotondeggiante, sulla cui superficie pietrosa si riconoscono i resti di una corrosa e antica struttura, forse templare, di epoca protostorica o etrusca. La seconda altura è poggio S. Rocco, il cui nome deriva da quello santo patrono di Sorano. Il sito è sede di una vasta necropoli rupestre etrusca. Numerose sono le tombe scavate nella roccia, molte delle quali furono riutilizzate, nei secoli, e trasformate per vari fini (depositi, magazzini, stalle…). Nella parte iniziale, accanto alla chiesa romanica dedicata a S. Rocco, si aprono gli ingressi di due vie cave etrusche, percorsi scavati e tagliati dentro la roccia, simili a profondi e ombrosi corridoi interrati. La loro peculiare struttura di ciclopiche dimensioni e il fatto che siano contigue l’una all’altra, fanno ritenere che, in origine fossero realizzate quali percorsi sacri collegati alle locali necropoli, e avessero dunque una particolare funzione magico-sacrale. Estinta la civiltà etrusca, le vie cave furono riutilizzate come vere e proprie vie per collegare Sorano con i circostanti poggi e la campagna. Il poggio successivo a S. Rocco, chiamato Le Rocchette, presenta le medesime caratteristiche: antico sito protostorico ed etrusco, con resti di vie cave, necropoli, colombai e successivo incastellamento in epoca medioevale. Gli altri due poggi sono il Castellaccio e Castelvecchio. Quest’ultimo è di particolare interesse, soprattutto per le grandi caverne sulla sommità, di origini remote, probabilmente etrusche. Castelvecchio è un allungato crestone roccioso, sormontato da guglie e picchi naturali. In questo sito, all’ombra di una piccola macchia di lecci, si trovano i resti di un incastellamento, con mura, cisterne, pozzi e vari locali, di supposte origini longobarde.
PITIGLIANO Il più singolare centro medioevale della Toscana Meridionale, si presenta in tutta la sua estensione subito dopo una curva in località Corano. Il paese di Pitigliano si trova a km. 85 da Grosseto; a km 61 da Viterbo, a km 19 da Manciano. È a metri 313 s.l.m. I monimenti più interessanti sono: i resti delle mura etrusche, la fortezza bastionata della Cittadella (anno 1545); l’antico Acquedotto con i suoi 15 archi; la chiesa di San Francesco; il palazzo Orsini (del XIV e XV secolo) con all’interno un pozzo e un portale del XV secolo. Il Duomo, con facciata barocca, è medioevale con diversi rifacimenti. Nella piazzetta antistante il Duomo si nota un bel pilastro con l’emblema degli Orsini (anno 1490). All’interno della chiesa di S. Maria, tardo rinascimentale, sono conservati stemmi ed affreschi. Nel 1600, a Pitigliano si insiedò una grande comunità di ebrei di cui si conservano, oggi, molte testimonianze: oltre alla Sinagoga, si segnala il Cimitero, il forno degli azzimi e il ghetto. La Sinagoga, (fine sec. XVI) un tempo cadente, è stata di nuovo aperta al culto dei pocchissimi ebrei rimasti, eredi della folta colonia che, per secoli, visse e properò, accanto alla popolazione cristiana. Presso la cantina sociale di Pitigliano, dove si produce un ottimo vino bianco D.O.C., viene imbottigliato anche quello destinato agli ebrei. Tra le feste ricordiamo quella dell’Uva, associata a quella religiosa della Madonna delle Grazie che si svolge durante la prima settimana di settembre. Tra i prodotti tipici sono da segnalare i biscotti natalizi chiamati gli “Sfratti” e i biscotti con gli anici. Piatto caratteristico è il Buglione: agnello cotto con pane ed aglio. Si lascia Pitigliano percorrendo in senso inverso la strada statale 74 per non più di 1 km. Il bivio per Sovana è proprio sotto il costone tufaceo che sorregge il paese di Pitigliano. A ca. 7 km sorge Sovana.
LA FORTEZZA ORSINI Si tratta del maggiore fortilizio medioevale e militare della Maremma toscana. Durante gli assedi e le battaglie, la Fortezza era spalleggiata da tre castelli minori, situati su tre poggi dirimpetto a Sorano: le Rocchette, il Castellaccio e Castelvecchio. Questa postazione difendeva il passo verso Orvieto, Siena, Chusi e l’interno della penisola. La posizione prettamente strategica della fortezza fece sì che queste terre divennero a lungo teatro di inevitabili conflitti, di assedi e guerre, così che Sorano si meritò l’appellativo di “zolfanello d’Italia”, senza peraltro che la sua fortezza venisse mai espugnata. Sull’alta rupe dove oggi si erge la Fortezza, in età estrusca fu eretta l’acropoli, cioè l’area fortificata, nel sito più elevato e quindi più sacro. Sempre nel medesimo sito fu costruito un primo “incastellamento”, di probabili origini longobarde, finchè nel Duecento fu costruita la prima fortezza dagli Aldobrandeschi, Signori della contea di Sorano, Pitigliano e Sovana. Infine, nel 1552, il castello venne ingrandito dal conte Niccolò IV Orsini. L’impianto originario, ancora saldamente conservato, presenta un’imponente struttura racchiusa tra lunghe mura perimetrali, con sovrastanti spalti, e due grandi bastoni d’angolo, di levante e di ponente, sormontati dagli stemmi scultorei degli Orsini. Lo stemma sopra l’ingresso principale, a meridione, reca le insegne degli Aldobrandeschi (il leone rampante) e degli Orsini (le rose, le bande trasversali e l’osro). La fortezza consta di due parti: il Mastio, la piazza d’armi e la santabarbara, circondati dalle mura e da vari locali ad uso militare; superato il secondo fossato artificiale, si entra nel quartiere residenziale, forse più antico, dove alloggiavano i castellani. Di grande interesse sono le cosiddette “mine”, i lunghi camminamenti, all’interno delle mura, che conducono ai livelli sotterranei della fortezza. Qui, l’aria arriva tramite vertiginose prese d’aria che collegano i sotterranei con gli spalti superiori. Il castello era anche munito di fabbrerie, frantoio, depositi alimentari, cisterne e pozzi per l’acqua. Nella parte residenziale (piazza Cairoli) l’architettura è ingentilita da una loggia rinascimentale a tre arcate, che si affaccia sulle valli e tetti di Sorano. A fianco della loggia vi sono il palazzo Comitale, residenza del conte Orsini, una chiesina e altre abitazioni d’epoca. Sempre in piazza Cairoli vi è l’ingresso al Museo Civico Medioevale.
SOVANA È il più piccolo ma anche il più integro borgo medioevale della Maremma collinare. Il paese conserva il suo originario impianto medioevale, caratterizzato dal pavimento in cotto (a spina di pesce), dalla svettante Fortezza Aldobrandesca, e da numerosi edifici d’epoca, abbelliti da stemmi araldici di Medici, Orsini e Aldobrandeschi. La chiesa protoromanica di S. Maria, nella piazza del Pretorio, oltre a numerosi affreschi rinascimentali, possiede un ciborio del IX secolo, unico nel suo genere, rifinito con preziosi bassorilievi, ornamentali e simboloici. L’edificio religioso più importante è il monumentale Duomo di S. Pietro (XII sec.), realizzato con elementi di architettura romanica, assieme ad altri di stile gotico. L’etrusca Suana (o Suama) conserva ancora un ricchissimo patrimonio di necropoli monumentali, realizzate tramite una rifinita tecnica scultorea direttamente sulle rupi di tufo. Nella vallata sovanese, bagnata da tre corsi d’acqua, sono state rinvenute tombe a camera a dado e semidado, a tempio (t. Ildebranda), a colombaio, a edicola (t. della Sirena). Accanto alle necropoli discendono i percorsi di profonde vie cave (il Cavone, la via cava di S. Sebastiano, la via cava di poggio Prisca), sulle cui alte pareti sono incise iscrizioni e simboli sacri.
MANCIANO Manciano ( a m 444 s.l.m.) è un paese che si caratterizza per la sua attività agricola. I formaggi (tra questi, pregiato il “pecorino toscano” prodotto dal Caseificio sociale di Manciano). Punti di vendita di prodotti locali si trovano sparsi un po’ dovunque nelle strade centrali del paese. Quello del Caseificio è ubicato in alto proprio fuori dalla cinta muraria a Porta Fiorella. Il paese conserva, nella parte alta il nucleo urbano antico con un dedalo di stradette che portano all’antica Rocca, oggi sede del Comune e del Museo della Preistoria e di Protostoria della valle del Fiora. Una pinacoteca espone, fra l’altro, le opere dei concittadini Pietro Aldi e Paride Pascucci. Nei pochi chilometri – ca. 19 – della S.S. 74, che separano Manciano da Pitigliano, notiamo un inatteso cambiamento del panorama: l’abituale paesaggio delle colline toscane cede il passo ad un mondo fatto di altipiani tufacei, vasti pianori con paesi che sembrano come miraggi mentre la strada si perde nei saliscendi dei canyon scavati dal fiume Lente e dal torrente Meleta. Lungo il percorso Manciano-Pitigliano (a km 9), nei pressi del ponte sul fiume Fiora, è possibilie una deviazione per una strada sterrata di qualche chilometri – consigliabile il percorso a piedi per visitare la necropoli etrusca di Poggio Buco-Sparne.
MONTEMERANO Montemerano (a m 303 s.l.m.) è un borgo medioevale la cui origine si fa risalire al 1188, posto all’incrocio della strada statale che va verso Manciano e quella provinciale, detta della “Follonata” che conduce verso le Terme di Saturnia e all’omonimo paese. È un paese, la cui notorietà si deve al progressivo ritorno dei turisti che abbinano, ad una residenza piacevole in questo paese toscano, la visita alle terme e alle zone archeologiche. Una sosta è d’obbligo per visitare la chiesa dedicata a S. Giorgio (anno 1380). Numerose sono le opere di scuola senese. Da notare, sull’altare dell’Assunta, la “Madonna della Mandorla” di Lorenzo di Pietro detto il “Vecchietta” e, dello stesso autore una bella statua lignea raffigurante S. Pietro. Di Sano di Pietro la “Madonna con bambino e i santi”. L’opera puù famosa è la “Madonna della Gattaiola” posta sul lato destro dell’altare maggiore. Le Terme di Saturnia (a 172 km da Roma e a 170 km da Firenze e a 65 km da Grosseto) sono a 5 km dal bivio della strada Scansano – Montemerano lungo la provinciale della “Follonata”. Il complesso alberghiero delle Terme, aperto tutto l’anno, consente ai turisti di poter usufruire, anche per poche ore, di alcuni servizi tra cui il bagno in piscina. Le Terme erano già note fin dal tempo degli antichi romani. Le sue acque sgorgono alla velocità di un metro cubo al secondo alla temperatura di 37,5 gradi e sono particolarmente indicate per molte malattie della pelle e, dell’apparato genitale femminile, per l’artrosi e le vasculopatie periferiche, per i reumatismi in generale, per l’uricemia e la gotta. Suggestive le cascate di acqua termale (identica a quella delle Terme perché sgorga dalla stessa polla) in località Gorello, chiamata appunto, la “Cascata del Mulino” (accesso libero). Lungo la strada che separa Montemerano da Manciano (a 6 km ca.) si incontra un piccolo agglomerato di case chiamato Poderi con ottimi ristoranti con piatti tipici maremmani.
IL BORGO ANTICO L’ingresso principale nel centro storico è dopo piazza Busatti, presso un’entrata a volta che introduce in un ambiente di altri tempi, dove la viabilità è ancora quella medioevale, tra stretti vicoli, scalinate che scendono verso il bordo della rupe. A pochi metri dall’ingresso è situata la chiesa di S. Niccolò, di origine alquanto antiche (XI sec.), nei secoli sottoposta a restauri e rifacimenti. All’interno un singolare altare, costituito da un unico blocco di grezzo tufo. La chiesa possiede anche un crocifisso seicentesco, donato da Cosimo III de’Medici, ed un fonte battesimale del Cinquecento. Subito affianco alla chiesa si trova il palazzetto Comitale, residenza dei conti Orsini, fuori dalle mura della fortezza. Il palazzetto è un elegante edificio nobiliare del Rinascimento: una loggia a terrazzo di fine fattura ed il sottostante portificato si affacciano su di un raccolto cortile interno, dove una scalinata conduce agli appartamenti superiori. Il versante sud del paese, oggi ancora in fase di restauro, è quello dove sono visibili le tracce delle epoche più remote: grotte rupestri e altri locali scavati nel tufo si affiancano a edifici medioevali e a tombe estrusche rimaneggiate finchè, sul bordo esterno della rupe, si raggiunge l’ingresso di una curvilinea e ampia galleria, di supposta fattura etrusca, che conduce al fiume Lente. Nel mezzo del centro storico si erge una massiccia e allungata rupe di tufo, rinsaldata con mura di rinforzo da Leopoldo di Lorena nel Settecento: è il Masso Leopoldino, un’altura naturale che, prima dei Lorena, si alzava come un’appuntita montagnola sovrastando Sorano, probabilmente già sede di un antico luogo sacro degli Etruschi. Scendendo verso il versante nord si attraversano gli antichi vicoli che conducono alla medioevale Porta dei Merli, massiccio portale in tufo, rivestito di travertino, costruito per consentire l’ingresso a Sorano dal fondovalle. In cima alla porta sono apposti gli stemi araldici degli Orsini e dei Medici. Uscendo da Sorano per questa via, si gode di un vasta panorama, dal basso, delle profonde gole, dei boschi e dei poggi rupestri che corcondano la vallata. VITOZZA Nei pressi di S. Quirico, a pochi chilometri da Sorano, sorge la diruta città di Vitozza, probabilmente distrutta dai Senesi nel XV secolo. Il sito è di notevole interesse per l’incredibile numero di grotte e di ipogei (oltre duecento), realizzati dall’età del Bronzo sino al periodo etrusco e romano, ed infine lungo tutto il medioevo. tra i resti dell’abitato medioevale si segnalano i ruderi di tre fortilizi, ciascuno munito di un fossato artificiale di recinzione. Di due antiche chiese rimangano in piedi le mura: la cosiddetta “Chiesaccia” e la chiesa di S. Angelo, alla quale si arriva dopo una breve via cava. Sul versante sud di Vitozzo è situato un pregevole colombaio, di epoca etrusco-romana (I sec. a.C.). Un rigoglioso bosco ceduo conferisce al sito una speciale bellezza naturalistica. CAPALBIO Fu antico dominio degli Abati delle tre Fontane e quindi della potente famiglia degli Aldobrandeschi che cinsero il loro possesso di forti mura e che costruirono un’impotente rocca. Cacciati nel 1212 da Ugoforte, signore di Fondi, gli Aldobrandeschi tornarono nuovamente a Capalbio con Ildebrandino detto il Conte Rosso. In seguito il Borgo turrito fu brevemente degli Aldobrandeschi che nel XIV secolo vendettero il castello al Conte Guidone di Sovana della famiglia Orsini; poi gli abitanti si dettero alla Repubblica di Siena e quando questa fu costretta a cedere alle forze superiori di Firenze, anche la ben munita rocca marremana passò sotto il dominio mediceo. Visitare Capalbio significa fare un salto nel Medioevo, tornare indietro di secoli, questa infatti ha conservato le doppie mura, il cammino di ronda, i torrioni e la bella e possente rocca. Capalbio tornò ad essere Comune nel nostro secolo, dopo essere stato aggregato nel ‘700 a Manciano e nel ‘800 ad Orbetello.
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